I napoletani hanno deciso di intervenire e manifestare la loro indignazione contro i numerosi atti di violenza ad opera di adolescenti. Sono infatti numerosissime le aggressioni verificatesi nelle ultime settimane che vedono come protagonisti gruppi di giovani: appena due giorni fa un sedicenne è stato picchiato da un gruppo di ragazzi e ricoverato all’ospedale Vecchio Pellegrini con il setto nasale fratturato; a Pomigliano, un quindicenne ed un quattordicenne sono stati accerchiati, derubati e percossi con delle catene; venerdì 12 Gennaio, Gaetano, 15 anni, è stato assalito da una baby gang nella stazione metro linea 1 di Chiaiano. Questi sono soltanto i più recenti esempi di un fenomeno che sta dilagando e non accenna a fermarsi.
Le vittime però non si arrendono e sperano nella giustizia: è questo il caso di Arturo, 17 anni, che è stato accoltellato una settimana prima di Natale e ,dopo un lungo ricovero, è riuscito a guarire anche mentalmente da un’aggressione fisica che lascia però i segni più profondi nella memoria. Al suo ritorno tra i banchi di scuola lo attende uno striscione “Bentornato Arturo”, simbolo di una scuola che non si arrende alle barbarie, alla violenza e, soprattutto, all’indifferenza ed al silenzio.
Lo stato si sta inoltre muovendo per rimediare a questo vuoto di educazione e civiltà con la forza e con la prevenzione. Minniti, il ministro dell’Interno, ha assimilato il nuovo fenomeno delle baby gang ad una sorta di terrorismo:
Il primo cittadino della città partenopea, De Magistris, si trova però in disaccordo con le parole di Minniti, affermando che le baby gang non debbano essere paragonate a gruppi terroristici in quanto si rischia di dare potenza alle loro azioni, auspicando all’unione delle diverse forze politiche per contrastare il fenomeno, senza ricadere nella sterile polemica e, all’indomani del Comitato nazionale per l’Ordine e la sicurezza presieduto da Minniti, ha dichiarato:
E su Minniti, che ha assimilato il fenomeno ad una sorta di terrorismo, il primo cittadino ha aggiunto:
Il Cardinale Sepe rintraccia invece la causa del fenomeno in un vuoto educativo che deve essere colmato dalle famiglie, dallo Stato e dalla Chiesa:
Le belle parole però non bastano, ma servono fatti concreti che possano restituire a tutti i bravi ragazzi napoletani serenità e pace. Bisogna dunque incentivare un miglioramento dell’educazione e la nascita di una diversa politica riguardo alla tutela dei figli di famiglie legate a traffici mafiosi ed illeciti. Ciò che ciascuno di noi ora deve fare è non relegare questi macabri fatti alla propria indifferenza: noi siamo Arturo, Gaetano, siamo tutte le vittime di barbarie che piccoli uomini usano per sentirsi grandi; la violenza esiste ed esisterà sempre, ma l’importante è che non sia sua l’ultima parola.